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6 gennaio 2022
Nosferatu il vampiro (Nosferatu, eine Symphonie des Grauens) di Friedrich Wilhelm Murnau, 1922
Una nave spettrale naviga verso Brema trasportando una bara in
cui viaggia il conte Orlok, ossia Nosferatu, letteralmente il nonmorto.
Ispirandosi al Dracula di Bram Stoker, Murnau crea uno dei
capolavori del cinema, una sinfonia dell’orrore (così recita il titolo
originale), di morte che senza scampo si nutre di morte, e ad un
tempo una sinfonia del terrore, sublime divertimento in cui arte e
mercato si saldano. Da subito, dai Carpazi a Brema (che nell’originale
era il porto svedese di Wisborg) siamo immersi in un’atmosfera
ossessiva. È un mondo magico la cui spettralità non si fonda tanto su
un luminismo di scenografi e, come negli espressionisti, quanto su
un processo di stilizzazione di realtà e natura. Immagini dal vero di
strade deserte di città anseatiche. Uso del negativo. E poi Nosferatu,
fi gura inconfondibile che non sembra muoversi ma scivolare. Con
lui viviamo un viaggio romantico in un istinto di morte. Con lui il
Male si fa disfacimento fi sico. Un Male che satura gli stessi spazi aperti,
contamina l’aria, diffonde la peste. Solo lo spirito della vita e di
sacrifi cio di un’angelica fanciulla saprà fermarne l’avanzata. Grande
fi gura di suspense, di rare e impressionanti apparizioni, Nosferatu,
così moderno e inquietante, è davvero una delle più alte espressioni
di un immaginario che «tende senza sosta a farsi reale» (J. Gracq).
Saccheggiato a piene mani dal cinema di vampiri del sonoro di
cui fi ssa i topoi, Nosferatu in realtà sfrutta la capacità, propria del
muto, di alludere più che mostrare, di suggerire un intero mondo,
affi dandosi, soprattutto, alle paure dello spettatore.
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