6 gennaio 2022

Metropolis (id.) di Fritz Lang, Germania, 1927

Tra i fi lm più citati e copiati della storia del cinema, Metropolis è ancor oggi di strabiliante modernità nonostante la trama melodrammatica di Thea Von Harbou, all’epoca moglie del regista. Metropolis è una città-fabbrica, quasi una sintesi visiva dell’alienazione marxiana. Il popolo sotterraneo è fatto di automi grigi, che non hanno nomi ma numeri. Le Macchine-Simbolo sono dei tiranni tecnologici. La dolce Maria spinge i lavoratori a una maggior coscienza, ma il capo della città fa costruire da un perfi do inventore un automa uguale a lei. Il Bene e il Male si presentano con la stessa immagine. La falsa Maria incita alla rivolta, fa distruggere le macchine causando il collasso di Metropolis, prima di essere scoperta e bruciata come strega. Il capo della città e il capo dei lavoratori si impegnano infi ne a ricostruire insieme la città: «le mani e il cervello devono lavorare insieme». Il messaggio è conservatore (e poi piacque anche ai nazisti), e qua e là ai limiti del luddismo; a ritroso, apparve semplicistico allo stesso Lang. Non così il suo simbolismo visionario. La sua città futuribile ha fatto da subito scuola. La sua «metafi sica dell’architettura» sin dal ’27 affascina Buñuel. Cupo, grandioso, ancora straordinariamente spettacolare, Metropolis è ricco di sequenze memorabili: quelle oniriche e allucinatorie; quelle di grandi masse amorfe che si muovono come un corpo unico; la bella e doppia Brigitte Helm, pura come l’ideale e lussuriosa come la corruzione; la creazione della falsa Maria, metafora del cinema come magia, e a volte magia nera. Il fi lm pensato e realizzato da Lang, però, non esiste più, se non in una versione vicina all’originale, ricostruita negli anni Ottanta.

Nessun commento: