6 gennaio 2022

Il monello (The Kid) di Charlie Chaplin, con Charlie Chaplin, Jackie Coogan, Edna Purviance, Usa, 1921

«Voglio fare un fi lm serio che, attraverso certi episodi comici o burleschi, dissimuli il suo spirito satirico e la sua pietà», dice Chaplin. The Kid, suo primo l.m., è la storia di due solitudini, e di una solidarietà insidiata dai poliziotti e negata dalle istituzioni (impressionante è la disperata corsa per i tetti di Charlot per strappare il bambino ad assistenti sociali aguzzini). In slums autobiografi ci Chaplin cala un gran melodramma dickensiano e, come in tutto il suo cinema, mostra il se stesso Charlot, maschera umana che è già oltre lo slapstick alla Sennett. Tra il monello e il vagabondo c’è simbiosi assoluta, si completano a vicenda, perfetta «associazione a delinquere»: uno rompe i vetri per permettere all’altro di ripararli. Entrambi clowneschi nei vestiti, sono speculari nei gesti (a tavola, nel fare a botte). Persino quando dormono (in un dormitorio pubblico) si agitano allo stesso modo. Si specchiano l’uno nell’altro. Non c’è imitazione o parodia. The Kid è il canto di un mondo di infanzia «senza legge» in cui si sogna un Paradiso-vicolo, abitato da angeli/ vagabondi dalle ali un po’ storte. Ciò che Il monello mette in scena è una sublime educazione negativa dentro un’America mitica – e darwiniana malgrado l’happy end. In essa, uno sguardo innocente di monello (altrove, di fanciulla) trova tutta la sua carica dirompente e riafferma a ogni istante la sua necessità poetica, dialettica, comica.

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