6 gennaio 2022

Il cavallo d’acciaio (The Iron Horse) di John Ford, con George O’Brien, Madge Bellamy, Charles Edward Bull, Usa, 1924

Nato come ennesima «revenge saga» a basso costo, il fi lm fi nì per dilatarsi sino a spostare nel deserto del Nevada un esercito di 5000 comparse, fondendo in sé logistica e riprese (gli attori vivevano nelle baracche di scena). Il cavallo d’acciaio è il lavoro più costoso e lungo di tutta la carriera di Ford: 1280 scene, 275 sottotitoli, 160’ di durata. Il cavallo d’acciaio è il treno. È Lincoln che, nel 1862, dà il via alla gara tra Union Pacifi c e Central Pacifi c per congiungere le due coste attraverso terre ancora incontaminate. Nel fi lm la ferrovia progredisce di pari passo con una storia di vendetta e d’amore, sullo sfondo di infernali boomtowns popolate da una manodopera multirazziale (italiani, irlandesi, cinesi), «paragonabile a quella che costruì le piramidi». Il Ribattino d’Oro è posto a Promontory Point, Utah, il 10 maggio 1869, e Ford rifi lma la storica foto della congiunzione. Fitto è nel fi lm il passaggio di fi gure storiche, dal presidente a Buffalo Bill, ma la Grande Epica non appartiene a Ford: la serve con rigore, ma i suoi veri eroi sono gli umili costruttori dell’America, pionieri, soldati, contadini in tutte le loro varianti. Ciò che racconta è il formarsi, in quel grande cantiere, di una comunità con una sua identità. Figlio di immigrati ma vero genius loci, Ford riscrive la storia del suo Paese partendo dal suo paesaggio naturale e umano. Un Omero infl uenzato da Esiodo, lo defi nì un grande esperto dell’Ovest come Tailleur: il suo universo è quello di un’epica di opere e giorni più che di Iliadi e guerre.

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