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5 gennaio 2022
I prevaricatori (The Cheat) di Cecil B. DeMille 1915
I prevaricatori (The Cheat) di Cecil B. DeMille, con Fanny
Ward, Sessue Hayakawa, Usa, 1915
I prevaricatori, mélo mondano di affari e amori, di fi nanza e fi lantropia,
di tentati omicidi per vendetta sentimentale e tentati linciaggi
per odio verso lo straniero, è un altro di quei fi lm che fa data, ma
forse più al modo di Citizen Kane che di Nascita di una nazione.
Assieme alle scene audaci (tra l’altro, il ricco collezionista birmano
marchia a fuoco come sua proprietà la protagonista, ritrosa debitrice),
a fare sensazione è la forma della descrizione di una società belle
époque. Per la prima volta si fa un uso direzionato, e non diffuso,
delle luci e quindi delle ombre, un uso spinto sino ai drammi a
ombre cinesi, che si consumano dietro paraventi orientali. Mutano i
dispositivi del racconto. I sottotitoli sono battute di dialogo, invece
che servire solo a spiegare la storia. Scompaiono i piani didascalici
indicativi di passaggi di tempo e luogo. Il ritmo appare assai più
rapido, benché i piani (piani medi e americani, di rado primi piani)
siano più lunghi che in Griffi th. E poi c’è Sessue Hayakawa, con
la sua recitazione esotica e misurata, che intensifi ca dal di dentro
il gesto invece di renderlo teatrale. Sino a disegnare, per dirla con
Colette, un cattivo di «possente impassibilità». Interprete e fi lm si
fanno subito evento e moda, e infl uenzarono profondamente l’avanguardia
francese. Dirà Delluc che fu I prevaricatori a far scoprire
ai giovani artisti il cinema e la sua «insospettabile bellezza, di arte
complessa, sottile, possente e urtante».
Intolerance
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