5 gennaio 2022

Femmine folli (Foolish Wives) di e con Erich von Stroheim, Usa, 1922

Femmine folli è il terzo fi lm di Erich von Stroheim, che era stato attore e aiuto di Griffi th nei suoi kolossal storici. Figlio di un cappellaio della Slesia, l’immigrato Stroheim è uno dei protagonisti della «società spettacolare» del primo dopoguerra a Hollywood, cui diede alcuni capolavori, fi lm tanto geniali quanto eccessivi e scandalosi. E mutilati. Femmine folli è uno di questi grandi «fi umi neri», anch’esso ridotto da 21.000 a 14.000 piedi da un produttore comunque complice come Carl Laemmle della Universal. Quelle del fi lm sono immagini aspre, sferzanti, di un’icasticità a base sessuale sino ad allora impensabile. Di un verismo visionario. In un’affollatissima Montecarlo tutta di studio opera il conte Karamzin, autocaricatura di imbroglione che, assieme a due false cugine e false aristocratiche, vive di seduzione e ricatto. Circuisce e rapina mogli americane di «mariti ciechi», ma anche la propria serva. Si susseguono notti blu di barcarole e notti rosse di incendi e notti di tempesta (e atti mancati) in stamberghe «da strega», in fondo al bosco. E suicidi giù dalla scogliera. E giochi d’azzardo. Seguendo i propri impulsi di predatore, il conte arriva a insidiare una povera minorata (è il bel tema dell’innocenza umiliata dalla colpa altrui) il cui padre lo uccide gettandone il cadavere nelle fogne. Il fi lm è una carnevalata geniale, crudele, dissoluta, segnata dalla presenza ribalda di Stroheim. Uno Stroheim, diceva Savio, abitato da quella «curiosità immoraliste per gli emblemi aberranti, per le fi gurazioni blasfeme, che è di tutti i grandi visionari, da Bruegel a Dalí».

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