22 giugno 2011

Donne del passato: Donna Olimpia Frangipane

Per dare l’idea di chi sia stata donna Olimpia Frangipane riprendiamo parte di due interessanti articoli, uno di Antonio Mucciaccio (Il Bene Comune) e l’altro di Rita Frattolillo (dalla rivista “Molise”) che offrono un quadro sintetico e affascinante della settecentesca figura della nobildonna. “Quando stava per volgere al termine il “secolo dei lumi”, iniziato in tutta Europa con idee di rinnovamento e di riforme e sfociato nella rivoluzione francese del 1789, in un paesino del “Contado di Molise”, Castelbottaccio, veniva ogni estate da Napoli a villeggiare la baronessa donna Olimpia Frangipane. Era una donna bellissima, affascinante. Aveva un corpo giunonico e armonioso come una statua del Canova, ma era soprattutto una donna colta e saggia, amante della musica e della poesia. Giovanissima era andata sposa all’anziano barone Cardone, al quale aveva generato molti figli, senza perdere minimamente le sue grazie e conservando l’amore e il desiderio per una vita brillante. Il suo arrivo a Castelbottaccio era atteso con ansia dalla popolazione, desiderosa di ammirare la sua bellezza e le novità della città di Napoli, che allora era la capitale del regno, ma anche una delle più popolose città d’Europa. Ma il ritorno di donna Olimpia era soprattutto desiderato dai giovani intellettuali di belle speranze che fiorivano in molti paesi del Contado di Molise. Erano prevalentemente persone dedite alle arti liberali (avvocati, medici, notai, speziali e uomini di cultura), che avevano studiato a Napoli, frequentando le lezioni dei grandi riformatori del settecento come Antonio Genovesi, Gaetano Filangieri e i loro allievi molisani Giuseppe Maria Galanti e Francesco Longano. Attraverso le opere dei riformatori napoletani e la lettura dei libri degli illuministi francesi, quali Voltaire, Rousseau, Diderot e D’Alambert, i giovani intellettuali del Contado vagheggiavano una società rinnovata nelle idee, nei costumi, nell’economia, per mettere fine a secoli di miserie e di oppressioni feudali. Con tali desideri, pertanto, essi si dirigevano dai loro paesi, a dorso dei loro cavalli o a bordo di calessi che percorrevano le impervie strade mulattiere delle campagne del Molise, verso Castelbottaccio, ove salutavano e omaggiavano donna Olimpia e ascoltavano le notizie dei fatti ed eventi accaduti in Napoli o in altre parti d’Europa. Tali giovani avranno una parte di primo piano nella storia e nei rivolgimenti che segneranno il Regno di Napoli e il Contado di Molise negli anni turbolenti e tragici della fine del settecento. Essi erano Vincenzo Cuoco e i fratelli Pepe di Civitcampomarano, Costantino Le Maitre di Lupara, barone di Guardialfiera, Vincenzo Sanchez di Montefalcone, i fratelli Belpulsi di san Martino in Pensilis e tanti altri”
“L’hanno descritta assai attraente e di forme scultoree, ma di lei non è rimasto neppure uno sbiadito ritratto. Almeno nel Molise (salvo volenterose e auspicabili smentite). Molti ripetono che, sicura del suo fascino e della sua cultura, non perdeva occasione per farne sfoggio. Il “salotto” dive primeggiava? Quello del Palazzo di Castelbottaccio, paese di cui nientemeno era baronessa e dove convenivano periodicamente i giacobini della Provincia attratti non solo dalla bellezza fiorente della padrona di casa, ma soprattutto dalle idee di rinnovamento di cui si era fatta portabandiera. E tuttavia, agli occhi degli storici e dei biografi locali, la smania di vivere e la condotta spregiudicata di donna Olimpia Frangipane Cardone, hanno sminuiti i pur indubbi meriti di ispiratrice e anima del club politico – culturale di Castelbottaccio. Diciamo pure che ai suoi danni è stata ordita, nel secolo scorso, una specie di congiura del silenzio che in pratica perdura. Si ha, infatti, la netta impressione che diversi studiosi l’abbiano, per pruderie, penalizzata condannandola all’oblio della storia, a causa cioè di una vita privata non del tutto raccomandabile quale esempio edificante per fanciulle. Difatti dal silenzio pressocchè totale dei libri emerge una sola parola, non proprio lusinghiera, a cui la sua memoria è rimasta per lo più legata, e che trova per magia tutti d’accordo: ebbene la baronessa Frangipane era “chiacchierata”. Segno dei tempi se consideriamo che oggi anche solo l’odore di scandalo è considerato quasi titolo di merito e di successo. Siamo del resto alla fine del Settecento, nessuno discuteva il ruolo di massaia e madre della donna, perciò la condotta di donna Olimpia, più propensa a ficcare il naso in “faccende maschili” e a brillare nel suo “salotto” che ad occuparsi dei molti figli, di cui ben otto erano donne, si conciliava assai poco con il clichè corrente. Anche la baronessa di Castelbottaccio – una de Stael sannita formato Due Sicilie – suscitava giudizi e sentimenti non sempre benevoli. In paese si moltiplicavano le ipotesi sulla vera ragione che spingeva uomini come Marcello Pepe (di Civitacampomarano), Vincenzo Ricciardi (di Palata), Costantino Le Maitre (di Lupara), Giuseppe e Vincenzo Sanchez ( di Montefalcone), Domenico Di Gennaro e Scipione Vincelli (di Casacalenda), Andrea Valiante (di Jelsi), Nicola Neri (di Acquaviva Collecroci) ad affrontare i disagi di un viaggio fatto per lo più a dorso di mulo e guadando il Biferno, che allora non aveva ponti. Ma se la baronessa suscitava un indubbio ascendente sia sugli uomini di azione che sugli intellettuali (si mormora che avesse ispirato il personaggio di Mnesilla a Vincenzo Cuoco), è vero soprattutto che le adunanze del club di Castelbottaccio servivano, come ricorda autorevolmente il Masciotta, “ad affiancarsi, a tenersi al corrente delle cose pubbliche, a trovarsi pronti al cimento al primo appello”. La fisionomia di questo club si definisce meglio se si pensa al clima di fine secolo, quando, sotto la spinta della rivoluzione del 1789, cominciarono a circolare nella Penisola nuove idee di rinnovamento. Anche nel Molise esplodevano qua e là le azioni antifeudali che, se sostenute da borghesi acquistavano dimensioni più ampie ma anche, per fortuna, un carattere meno violento, come avvenne ad Agnone e Casacalenda, dove appunto la borghesia (lo ricorda Renato Lalli) affiancò il popolo alla lotta contro i soprusi. E’ in questo clima di tensione che si pone la figura e l’opera di Olimpia Frangipane, figlia del duca di Mirabello, andata appena ventenne in sposa a Francesco Cardone, barone di Castelbottaccio, di ventisei anni più anziano. E’ la giovane aristocrazia a fiutare la gravità del momento, ad avvertire le possibili disastrose conseguenze di mutamenti troppo radicali e a proporsi come illuminata interprete dei nuovi fermenti, assumendo un ruolo guida delle parti sociali più aperte alle spinte di rinnovamento. Il suo, insomma, era un “salotto” più politico che mondano. Del resto una conferma della matrice squisitamente politica delle adunanze tenute da donna Olimpia Frangipane viene dall’ordine governativo di soppressione del club, i cui aderenti, accusati di voler minare le basi dello Stato, andarono ad affollare le carceri di Lucera. Per qualcuno di essi, come i casacalendesi Di Gennaro e Vincelli, fu addirittura chiesta la pena di morte, poi commutata in carcere od esilio. Ma il duro intervento borbonico suonò chiaro avvertimento per i tanti circoli giacobini disseminati nel Reame di Napoli e, quindi, per la baronessa. La quale, comunque, continuò ad esercitare un ruolo di prestigio oltre che nell’ambiente molisano, in quello napoletano”.

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