10 gennaio 2022

Lo squadrone bianco - di Augusto Genina, con Antonio Centa, Fosco Giachetti, Italia, 1936

Lo squadrone bianco una sorta di sintesi dei generi dominanti in quel ’36, muovendosi tra il fi lm di propaganda colo￾niale (a celebrazione della guerra di Libia) e il melodramma quasi da telefoni bianchi. Salvo lasciarli tutti sullo sfondo per spostare l’asse narrativo sul deserto, su una lunga marcia – libera se non visionaria – di meharisti, carovane, cammelli, sabbia, vento, bufere. Ed è una visione un po’ da avventura moderna che sovrasta, e quasi dimentica, i miti eroici (il deserto che tempra un vero soldato, corrotto dalla decadente vita cittadina) e patriottici (la difesa dell’autorità italiana sulle colonie africane) che stanno alla base del soggetto. Ancor più i miti si stratifi cano nel fi lm di Alessandrini, supervisionato dal fi glio del Duce, Vittorio Mussolini. Quello dell’aviazione (duelli aerei in guerra, raid da una parte all’altra dell’Atlantico in pace). Quello del rifi uto della mediocre, sonnolenta vita borghese, che spinge il protagonista a emigrare in Argentina. Quello della virilità come rischio, dépense di sé, prima che eroismo.

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