6 gennaio 2022

La corazzata Potëmkin (Bronenosce Potëmkin) di Sergej M. Ejzenštejn, 1925

Infi niti sono i segni che testimoniano come La corazzata Potëmkin, pur tra saturazioni, ironie, giochi di citazioni, insofferenze per il titanismo della sua concezione, resti un punto di riferimento imprescindibile nella storia del cinema. Dedicato alla rivolta scoppiata su una delle navi ammiraglie della fl otta russa nel Mar Nero, il Potëmkin riassume in un piccolo episodio il movimento rivoluzionario del 1905 – di cui ricorreva il ventennale. Opera più rappresentativa dell’avanguardia sovietica degli anni Venti dalle cui elaborazioni – specie sul montaggio, forma della conoscenza – non può essere scissa, aspira a un’unità organica di composizione e approda al pathos, a un’idea di pathos come coscienza raggiunta. Il Potëmkin, scrive Ejzenštejn, sembra una «cronaca – o cinegiornale – di avvenimenti, ma in realtà colpisce come un dramma» e «s’adatta alle leggi rigorose della composizione tragica, nella sua forma più classica: la tragedia in cinque atti» (e in cinque bobine era la versione originale del fi lm). È un passaggio che illumina nel profondo la dimensione ad un tempo antinaturalistica e classica del cinema di Ejzenštejn: la visione marxista come «forse ultimo esempio di classicità». Il Potëmkin sublima il carattere fattuale (oggetti, luoghi, fatti, e non importa se mai avvenuti, creano le sequenze più celebri – la scalinata di Odessa, il telone sui marinai ammutinati) e poetico (nel senso più reale della poesia novecentesca) e dialettico (la teoria classista) e utopico (la reinvenzione del mondo) della concezione del cinema, anzi dell’arte, che Ejzenštejn persegue e realizza.

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