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6 gennaio 2022
Il gabinetto del dottor Caligari - di Robert Wiene 1920
1830. In una ridente cittadina tedesca arriva Caligari, un imbonitore
da fi era che controlla un sonnambulo, da lui usato come
strumento di morte e di potere. Primo dei capolavori espressionisti,
Il gabinetto del dottor Caligari è un fi lm dai molti padri. All’origine
c’è l’incontro di due scrittori, il ceco e kafkiano Hans Janowitz e
l’austriaco Carl Mayer, che scrivono una storia di feroce polemica
nei confronti dell’autoritarismo prussiano che trasforma i cittadini
in automi. Per essa i due ipotizzano fondali dipinti, simbolici e non
realistici che, però, i pittori del gruppo «Der Sturm» realizzano
in chiave più espressionista. Scene deformate, luci e soprattutto
ombre a forti contrasti, una recitazione stilizzata e allucinatoria,
tutto nel fi lm di Wiene è antinaturalistico, asimmetrico, è urlo e
metafora di un’atmosfera: è espressione della «struttura dell’animo
in termini di spazio», scriveva Kracauer, autore del famoso studio
sul cinema di Weimar Da Caligari a Hitler. Quello di Wiene è un
fi lm-enigma, dal fi nale aperto a opposte interpretazioni. Il pazzo
è Caligari? o Francis, lo studente che lo smaschera e che sembra
essere internato in un manicomio di cui Caligari è il direttore? Il
racconto è una sua allucinazione, come ipotizza Kracauer, per il
quale il fi lm «rispecchia questo doppio aspetto della realtà tedesca, accoppiando a una realtà in cui trionfa l’autorità di Caligari,
un’allucinazione in cui la stessa autorità viene abbattuta»? Il fi nale
con lo spiritato sguardo in macchina di Caligari, isolato in un’iris
indimenticabile, accresce il dubbio. E se fosse tutto vero? Questa
cornice, suggerita da Lang, in partenza regista designato del fi lm,
è una mise en abîme del racconto, che ne rende ancora più destabilizzante
il senso di minaccia.
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