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7 gennaio 2022
King Kong (id.) di Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack Usa, 1933
King Kong (id.) di Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack,
con Fay Wray, Robert Armstrong, Bruce Cabot, Usa, 1933
King Kong nasce dall’interno del cinema, soggetto originale ma in
forma di contaminazione di più miti e, in primo luogo, di variazione
sulla Bella e la Bestia in clima swiftiano. Sumatra, l’isola del Teschio,
la verginale attrice di una troupe cinematografi ca (è Fay Wray, che
era stata la conturbante Mitzi di Sinfonia nuziale di Stroheim) è
rapita dagli indigeni per essere sacrifi cata al dio-gorilla. Poi, però,
è la Grande Scimmia a essere catturata e portata a New York. Ed
esibita a teatro, a soddisfare il piacere della paura dell’ignoto. Ad un
tempo con King Kong il cinema di avventura sfi ora il grande mélo,
sul fi lo di un sotterraneo eros. King Kong fugge sull’Empire State
Building assieme alla sua bella: dove sarà abbattuto da stormi di
aerei, in una delle icone più frequentate del Novecento. Tra giungla
naturale e giungla dei grattacieli, prende così corpo uno dei capolavori
del cinema fantastico, grazie a «due avventurieri della serie B,
due simpatici e cinici americani, Schoedsack e Cooper, operatore
di guerra l’uno, eroe di guerra l’altro, incontratisi a Vienna nel ’17
e ritrovatisi qualche anno dopo alla corte del Negus, entrambi con
la mania del cinema documentario istillata dai fi lm di Flaherty».
Abilissimi esploratori e commercianti dell’inconscio collettivo, sono
poi passati dai fi lm esotici (in cui, però, le riprese dal vivo erano
mescolate a scene in studio) a fi ction di un trucchismo spesso ispirato
a Gustave Doré. Celebre è il loro Dottor Cyclops, scienziato pazzo
che rimpicciolisce le persone, ma la loro più straordinaria creatura
resta King Kong con la sua stratifi cazione di temi e visioni, con la
sua incredibile presenza culturale e mediologica.
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