Gli scenari di guerra da centinaia di anni sono più o meno gli stessi: intere popolazioni costrette alla fuga, occupazioni militari devastanti, invasioni, battaglie, morte, sangue. Persone che perdono tutto per andare verso il nulla, violenze sensa senso, esseri umani ridotti alla bestialità, fame e sete, malattie, solitudine e profonda angoscia.
Il quadro generale all’interno del quale è dipinto, dalla regista Valeria Sarmiento, il conflitto che vide contrapposti nel 1810 gli anglo/portoghesi ai francesi invasori e imperialisti è esattamente quello appena descritto. L’esercito di Bonaparte si inoltra in territorio portoghese trovando solo città vuote e desolazione. Arrivare a Lisbona senza rifornimenti e adeguato riposo diviene impossibile, assurdo.
Linhas de Wellington, questo il titolo del film della cineasta cilena, non è però semplicemente un’opera cinematografica che racconta una delle molteplici guerre europee del passato. É un affresco misurato (anche a livello umano) e registicamente notevole di un’epoca in cui il Portogallo era spesso in pericolo. Individui provenienti da diverse parti d’Europa si ritrovavano così nello stesso territorio a combattere una guerra insensata, atroce e devastante in primo luogo per i civili, destinati costantemente a trasformarsi in profughi.
Valeria Sarmiento per fortuna non insiste troppo sulle scene di battaglia e quando le affronta a livello filmico riesce a raffiguare scontri e violenze con la compostezza espressiva che contraddistingue l’intera operazione creativa.
Non c’è autocompiacimento nel mostrare sangue, ferite e abusi. Tutto è rappresentato con dolore contenuto, quasi freddo. Lo sguardo dell’autrice sembra contemporaneamente lucido e onirico, in grado di presentare le due facce della stessa medaglia delle deliranti azioni umane.
Dal punto di vista visuale è da notare un’impostazione fotografica di rara raffinatezza che privilegia una luce non calda (anzi, quasi sempre algida e cupa) e colori poco saturi per ciò che riguarda gli esterni e una ricerca di tipo pittorico per quel che concerne le riprese in interni.
Questa scelta di stile trasporta il racconto in una dimensione quasi per nulla di stampo realistico e situa il film in un’area espressiva che sembra avere più a che fare con l’atmosfera del sogno piuttosto che con la descrizione storicistica di eventi bellici. D’altra parte, il progetto iniziale di questo lungometraggio prevedeva che dietro la macchina da presa ci fosse il grande autore cileno Raul Ruiz (di cui Valeria Sarmiento era moglie), il quale però non ha fatto in tempo a portare a termine questo lavoro.
Da notare che il cast è disseminato da brevi e brevissime “apparizioni” di interpreti che evidentemente hanno voluto dare un contributo personale alla riuscita dell’opera: Catherine Deneuve, Isabelle Huppert, Michel Piccoli, Chiara Mastroianni, John Malkovich, Marisa Paredes e Matthieu Amalric.
© CultFrame 09/2012
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