15 giugno 2011

Piante rare - La Maclura pomifera

Non è facile imbattersi in questa pianta, ma può succedere. A me è capitato di vederla in solo due posti, ma molto probabilmente è presente anche in altri comuni della provincia.

La Maclura pomifera, che ho visto lungo una siepe a Castropignano non è certamente una pianta autoctona, infatti proviene dal nord America dove è conosciuta come Osage orange (Arancio degli Osagi) dal nome della tribù indiana che risiedeva nella zona di crescita di questo albero.

Le caratteristiche principali di questa pianta sono la sua spinosità eccezzionale che la rende praticamente inaccessibile e quindi molto adatta per siepi da non essere oltrepassate, il suoi frutti così grandi che non sono commestibili, non sono velenosi, ma se ingeriti provocano il vomito, ed il suo legno molto elastico e resistente molto adatto per essere curvato.

Sarei curioso di sapere se in provincia ci sono queste piante.


Fauna Protetta - L'astore

Astore (Accipiter Gentilis)

Caratteri distintivi

Rapace diurno di medie dimensioni con una lunghezza che va dai 46 ai 63 cm ed un'apertura alare che arriva fino ai 130 cm. Il piumaggio è grigio bruno nella parte superiore, bianco con una fitta barratura bruno-scura in quella inferiore La testa è nera con un'evidente sopraccìglio bianco. La femmina ha dimensioni decisamente maggiori rispetto al maschio ed il sottocoda
bianco risulta più evidente. I giovani presentano parti superiori brune marginate di chiaro e parti inferiori fulvo-giallastre con forti macchie scure a forma di goccia. Le ali sono relativamente corte, ampie e arrotondate nelle punte, la coda è lunga e stretta.

Distribuzione
Le scarse informazioni sulla densità e distribuzione della specie in Italia non permettono di stimare il reale numero di coppie riproduttive. La specie è uniformemente distribuita nelle pre-Alpi e nelle Alpi, arrivando fino alle zone del carso Triestino, nella parte Appenninica
risulta poco presente. È assente in Padania, in Sicilia ed alle basse quote.
In Molise l'astore è stazionario e si riproduce in ambienti boscosi tra i 400 ed i 1.800 metri circa. Negli anni ottanta erano stimate circa 10 coppie.

Habitat
Frequenta zone boscose di latifoglie, conifere o miste e boschi d'alto fusto alternati a spazi aperti.
Predilige soprattutto le zone montane fino al limite della vegetazione arborea.

Abitudini
Essenzialmente sedentario, talvolta erratico nei mesi invernali. Tendenzialmente schivo, rimane posato per molto tempo su alberi di grosse dimensioni, in posizione favorevole per l'avvistamento delle prede. Caccia sia all'agguato che in volo esplorativo. Possiede un volo agile, veloce e radente anche in spazi ristretti, intercala planate a rapidi battiti d'ala. I maschi spno particolarmente vociferi soprattutto durante il periodo riproduttivo, emettono richiami brevi, penetranti e lamentosi.

Alimentazione
Si nutre soprattutto di uccelli e mammiferi al massimo delle dimensioni di un fagiano o di una lepre, raramente di rettili ed insetti, occasionalmente di carogne.

Riproduzione
Costruisce il nido su alberi d'alto fusto a foglie decidue o sempreverdi. Depone 3-4 uova tra la fine di marzo e i primi di maggio. L'incubazione viene curata soprattutto dalla femmina e dura dai 35 ai 38 giorni. I giovani s'involano tra fine giugno ed i primi d'agosto.

Fattori di minaccia e protezione
La specie non viene considerata minacciata a livello europeo. Il maggior problema è rappresenta-
to dai tagli forestali che incidono negativamente anche sulla riproduzione. Pertanto, la conservazione della specie in Italia è essenzialmente legata alla politica di gestione forestale.
Specie vulnerabile, non cacciabile e particolarmente protetta dalla legge nazionale 157/92 e dalla
Convenzione di Berna allegato II.

13 giugno 2011

I Bulgari nel Sannio Molisano


Il primo gastaldato di Boiano e del territorio di Campobasso è nientemeno che di nazione bulgara. Correva l'anno 667 e sui Bulgari regnava Asparuk, fratello di Alzecone. In Bulgaria c'era stato un forte incremento demografico tanto da dare origine ad un esodo di gente armata con donne e bambini in cerca di miglior condizioni di vita. Ma fu il re Grimoaldo a chiamare i Bulgari
d'Alzecone o vennero spontaneamente in cerca d'ospitalità? I rapporti tra i Longobardi e i Bulgari esistevano già da quando i primi si scontrarono con i Bulgari sulla riva destra dell'Elba presso i monti di Boemia. I Bulgari fecero strage di Longobardi uccidendone anche il loro re Agilmondo. Grimoaldo si trovava a Pavia quando incontrò Alzecone, un guerriero slavo e duce di una schiera numerosa di bulgari, il quale chiedeva di abitare nell'Italia con il suo popolo, offrendo in cambio i servigi militari. Era gente da qualche tempo abituata alle migrazioni, che si muoveva con file di carri pesanti a quattro ruote su cui salivano donne, fanciulli, vecchi e malati, mentre tutti gli altri erano obbligati a marciare a piedi. Gli uomini armati si disponevano su due file tenendo al centro bagagli, carri e bestiame. Seguivano pertanto vie larghe e trafficate, dove un principe ben gguerrito, con estrema facilità, li avrebbe potuto sorprendere e disperdere. Durante il viaggio si fermavano di tanto in tanto a bivaccare, cacciando nelle selve, pescando nei fiumi e razziando nelle contrade. Erano quindi i Bulgari d'Alzecone ancora pagani che Grimoaldo un po' imbarazzato decise di affidarli al figlio Romualdo VI, incaricato di trovare loro una sistemazione. Dalle Historiae di Erodoto veniamo a conoscenza di come i Bulgari adoravano la scure di ferro e il cavallo ai quali feticci immolavano vittime umane in cerimonie anche crudeli, come nei funerali del Gran Khani.
Usavano largamente del latte di giumenta naturale e fermentato. Romualdo distribuì l'orda bulgara su varie località come Boiano, Sepino, Isernia, ed altre località che probabilmente circoscrivevano l'agro di Campobasso. Inoltre venne conferita ad Alzecone la giurisdizione signorile su quei territori, come feudo vassallo del ducato beneventano, ponendo come condizione assoluta il fatto che da allora in avanti Alzecone mutasse il proprio titolo di duca in quello di gastaldo ben più modesto. I nuovi arrivati parlavano la lingua bulgara e non senza difficoltà appresero il latino decadente che promiscuamente usarono per circa due secoli. Un fenomeno identico che si verifica ancora oggi in quei paesi del Molise di origine schiavona, albanese e slava dove si parlano due lingue e un dialetto. In questo contesto il filologo può essere di aiuto allo storico, stabilendo quali vocaboli e locuzioni della parlata bulgara vennero trasfuse in quel linguaggio vernacolo che oggi definiamo molisano, variabile anch'esso non solo da paese a paese ma anche entro le contrade di Campobasso come già aveva rilevato Francesco D'Ovidio.