9 giugno 2011

Fauna Protetta - La Poiana

La Poiana (buteo buteo)

Caratteri distintivi

Rapace diurno di lunghezza variabile dai 50 ai 60 cm, con un'apertura alare che va dai 113 ai 128 cm ed un peso tra i 500-1000 gr. La femmina è leggermente più grande del maschio. La sua colorazione è molto variabile, le parti superiori sono di solito bruno-scuro uniforme, quelle inferiori biancastre in-terrotte da barrature e striature scure. La coda corta e rotondeggiante
ha barrature scure e sottili.

Distribuzione

Le informazioni disponibili sulla specie sono limitate e ciò rende difficile una stima accurata della
popolazione italiana. La specie risulta omogeneamente distribuita nell'intera penisola comprese le
due isole maggiori. In Molise è presente in quasi tutto il territorio, stazionaria, di passo e svernante. Durante i passi può capitare ovunque mentre lo svernamento avviene nelle zone più
basse del Molise tra il livello del mare e i 700 m circa, in ambienti prevalentemente aperti.

Habitat

Predilige zone boscose alternate a spazi aperti, anche ambienti umidi e alberati. La specie è assai eclettica nella scelta dell'habitat di nidificazione, che può andare dalle zone di pianura alle foreste di conifere e faggio.

Abitudini

Ha un' attività sociale molto intensa, caratterizzata da voli sincroni di più coppie al di sopra di uno stesso sito allo scopo di marcare il territorio. Caccia normalmente a vista esplorando da grande altezza il territorio. Volteggia per ore descrivendo ampi cerchi alla ricerca di una preda, pronta a lanciarsi in una fulminea picchiata allorché viene individuata. Il volo è silenzioso, il suo arrivo Improvviso.

Alimentazione

Si nutre soprattutto di piccoli mammiferi, roditori, conigli, serpenti, lucertole e piccoli uccelli. Nei periodi di carestia può cibarsi anche di coleotteri e di carogne svolgendo un ruolo primario nel mantenimento dell'equilibrio dell'ecosistema naturale.

Riproduzione

Costruisce il nido su alberi di alto fusto e sporadicamente anche su rocce, anfratti o cespugli emergenti. Depone 2-4 uova tra fine marzo e maggio, entrambi gli adulti curano l'incubazione che dura 30-35 giorni, dopo i quali nascono da 1 a 4 piccoli che vengono nutriti inizialmente dalla sola femmina. Lasciano il nido dopo poco più di un mese e raggiungono la maturità sessuale a tre anni di età.

Fattori di minaccia e protezione

le popolazioni italiane non sembrano soffrire di particolari fattori limitanti. Sebbene i dati disponibili a tal proposito siano pochi, una delle principali cause di mortalità è rappresentata dalla collisione con i cavi aerei e dall'elettrocuzione su linee a media tensione. I tagli forestali intensivi, alcune pratiche attuali di gestione del territorio come la rimozione di siepi, hanno determinato locali abbandoni degli areali di nidificazione.
Specie non cacciabile e particolarmente protetta dalla legge quadro 157/92, tutelata dalla Direttiva Uccelli allegato I, Convenzioni di Berna e Bonn allegato Il e Convenzione di Washington appendice I.

8 giugno 2011

Sulle tracce degli antichi ponti del Sannio Molisano

Uno dei principali problemi dei romani nel IV secolo a.C. era il controllo del territorio sannita. Fin dai primi scontri armati con tale popolo, i romani capirono la difficoltà che esisteva nel doversi addentrare in un territorio come quello del Sannio senza avere il controllo anche dei territori limitrofi. Infatti sia nelle guerre sannitiche che in quelle sociali, i Romani riuscirono a soggiogare i Sanniti sempre per ultimi, dovendo spezzare continuamente la resistenza dei popoli alleati con il Sannio. Una volta annientati i sanniti, Roma ebbe via libera al dominio sull'intera Italia centro-meridionale.
La via Appia fu condotta in direttissima attraverso il massiccio di Colli Albani, le; paludi Pontine, i monti Aurunci e la piana del Volturno fino a Capua per un totale di 132 miglia, circa 200 Km. Un altro percorso molto più antico della via Appia fu la via Latina preesistente alla fondazione di Roma. La via fu costruita per soddisfare gli interessi militari ed economici soltanto del popolo romano, senza rispettare le esigenze del popolo che abitava quelle terre. Questo significava che l'antico tracciato era stato concepito per controllare militarmente il Sannio. Essi realizzarono la deviazione nei pressi di Casinum.
Valicate le montagne di Venafro, la via Latina proseguiva verso Isernia. Lungo questo tracciato i Romani, si trovarono a superare l'ostacolo naturale del fiume Volturno. Venne costruito così un ponte in agro di Monteroduni. Oggi dell'antica struttura non è rimasto molto tranne uno dei piloni. Il ponte doveva essere a più arcate e considerando la particolare dimensione del rudere anche di apprezzabile lunghezza. Fino a quale epoca il ponte sia rimasto transitabile è difficile a dirlo. La sua distruzione fu dovuta molto probabilmente ad una improvvisa piena del fiume di particolare violenza. Il tragitto rimase interrotto fino a quando non venne costruito un nuovo ponte denominato Ponte Latrone. Questo nuovo ponte romano fu edificato più a valle del precedente e doveva avere dimensioni maggiori. I pochi ruderi oggi visibili consistono, in due soli piloni.
La costruzione è conosciuta tuttora come Ponte Latrone derivante dall'antico nome del fiume Volturno: Olotronus. L'impianto del ponte come testimonia Franco Valente è di chiara fattura romana, realizzato da una fodera esterna di blocchi lapidei, sia calcarei che di travertino.
All'interno il ponte è costituito da una muratura in ciottoli di fiume gettati con malta idraulica. Il basamento è caratterizzato da una cornice squadrata sui due lati maggiori. Dalla posizione e dalla composizione si ricava che il numero dei piloni era molto più alto; infatti la campata che collegava i due preesistenti non era sufficiente a far superare l'intero corso del fiume, anche se si volesse ipotizzare una diversa posizione del letto. Non sappiamo fino a quando il ponte Latrone sia stato transitabile ma è probabile che non lo era quando nel XIII secolo, Federico II decise di potenziare e ricostruire gli itinerari di questa parte del regno, ripristinando anche il ponte sul Voltutno.
Ma un altro ponte degno di essere citato è sicuramente quello di Guardialfiera meglio conosciuto come Ponte di Annibale (foto). Quando nel 1976/77 le acque del Biferno allagarono i terreni a monte della diga di Ponte Liscione formando il lago di Guardialfiera, sommersero non solo gli orti e i giardini ma anche i resti di un antico ponte anche questo presumibilmente di fattura romana. La tradizione vuole che su questo ponte sia transitato il famoso condottiero cartaginese Annibale con le sue truppe e soprattutto con i suoi elefanti. Il famoso condottiero si pensa abbia attraversato il Biferno proprio in questo punto per recarsi durante la seconda guerra punica nelle Puglie.
D'altronde l'idea che Annibale sia passato da queste parti non è assurda se si considera il seguente passo di Polibio: "Il comandante Annibale, informato dagli esploratori che nella campagna intorno a Lucera e Geronio c'era molto frumento e che Geronio era un luogo per natura adatto per raccogliervelo, giudicando di svernare colà, marciò ai piedi del Monte Liburno (attuale Monte Mauro) verso le predette città" (capitolo 100 Libro III delle Historiae di Polibio).
Sembra che nessun ente istituzionale prima della sommersione abbiamo disposto una ricognizione della struttura per determinarne caratteristiche e dimensioni. Purtroppo ora il ponte o almeno quello che ne è rimasto, giace sommerso dalle acque del lago di Guardialfiera.
Quando in certi periodi dell'anno il lago si prosciuga è possibile scorgere qualche blocco di pietra della struttura come a ricordare alla gente la sua posizione. È impensabile che una struttura di così grande valore storico possa essere finita nel dimenticatoio invece che in qualche museo per essere ammirato in tutta la sua bellezza dai numerosi visitatori.
Penso proprio che il ponte di Annibale non riuscirà mai più a riemergere da dove si trova anche perché le operazioni per riportarlo alla luce sarebbero lunghe ma soprattutto molto onerose.
Non ci resta che apprezzarlo nelle foto in bianco e nero scattate prima della sua sommersione e nei racconti della gente che lo ha visto prima di svanire come un fantasma.